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Studio Sindone

Il nuovo sito di studio sulla Sindone: un fatto di ragione, non di fede

MESSAGGIO CIFRATO PER L'UOMO DEL 2000?

di Antonio Bonelli

Il conflitto tra fede e scienza, e tra fede e ragione,
è una delle più stupefacenti turlupinature della storia dell'umanità.

Sommario


Cosa ci dice la "scienza" - Prima parte

Per oltre mezzo millennio, dalla sua comparsa in Francia fino alla soglia del XX° secolo, il poco che si sa del Telo, oltre alle misure di circa quattro metri per uno, è che vi si scorge un'impronta che per fattezze anatomiche, ma ancor più per certi segni chiaramente riferibili a ferite, lo fece sempre ritenere il Telo in cui Giuseppe d'Arimatea depose il Cristo esanime. Uno studio critico-scientifico del tessuto e di quell'impronta ebbe inizio soltanto nel 1898, quando il fotografo dilettante Secondo Pia fotografò la Sindone per la prima volta. Le sue già ottime lastre, insieme a quelle del 1931 del fotografo professionista Giuseppe Enrie, a quelle del 1969 di Judica Cordiglia nonché a quelle anche a colori del 1978 di Vernon Miller, confermarono con impressionante realismo e inattesa ricchezza di dettagli sia le fattezze anatomiche sia i segni della Passione; ma rivelarono che l'immagine possiede un'inattesa, stupefacente caratteristica intrinseca. Vediamo in dettaglio questi aspetti.

Fronte e retro in negativo

Fig. 2: l'immagine sindonica in negativo

Le fattezze anatomiche, come appaiono di fronte e di schiena, sono riconducibili a un uomo esanime di una quarantina d'anni. Steso in posizione supina, ha gli avambracci convergenti sul pube, ove riposano le mani sovrapposte, e gli arti inferiori affiancati ed estesi come i piedi. Folti e lunghi sono i capelli, raccolti a treccia sul dorso, e folti sono i baffi e la barba.

I segni della Passione sono numerosi su entrambe le facce del Telo. Si tratta di quattro grandi macchie simili a ferite, poi rivelatesi di sangue umano di gruppo AB(11), interessanti il costato destro(6), i due piedi sovrapposti e il polso di sinistra (quello di destra non è visibile).(7) Innumerevoli altre ferite ed escoriazioni sono diffuse su tutto il corpo. Il loro disegno è a due punte unite da un trattino(8): ciò suggerisce chiaramente l'uso del "fragrum" o "flagellum taxillatum" per la flagellazione, e la pelle ne è segnata dall'alto al basso e in obliquo da destra a sinistra e viceversa, come per opera di due fustigatori. Una vistosa macchia è stampata sulla fronte, mentre il volto edematoso fa pensare a traumi contusivi.

Il "fragrum" o "flagellum taxillatum" usato dai Romani

Fig. 2a: il "fragrum" o "flagellum taxillatum" usato dai Romani


La linea del naso è scontinuata come per una frattura:

Il particolare della guancia e del naso

Fig. 2b: il particolare della guancia e del naso


Le mani, in atteggiamento pronato, nascondono i pollici.(9)

Ma la stupefacente caratteristica intrinseca dell'immagine è che si tratta di un negativo fotografico.

Fu una sorpresa sbalorditiva, e per gli scienziati una sfida inquietante!


Note

(6) Data la specularità dell'immagine, i lati ci appaiono invertiti.

(7) L'infissione dei chiodi nei polsi contrasta con l'iconografia millenaria della crocifissione che la colloca nel palmo delle mani. Oggi però si sa che fu proprio quella in uso, in quanto l'unica in grado di reggere il peso di un corpo in croce. Nessun ipotetico "pittore" medievale poteva saperlo. A tale proposito va notato che il termine greco χειρ (xeir, "mano") esprime sia la mano sia il polso e l'avambraccio o l'intero braccio.

(8) Esso riproduce come a stampo i due piombini o i due ossicini legati insieme all'estremità del "flagrum" o "flagellum taxillatum", il flagello usato dai Romani. Questi segni sono dotati di fluorescenza, e proprio per questo taluni di essi non visibili a occhio nudo sono stati rivelati dalla luce nera della lampada di Wood.

Particolare delle corde del "fragrum" o "flagellum taxillatum"

Fig. 2c: Particolare delle corde del "fragrum" o "flagellum taxillatum"

(9) E' un dato di interesse medico-legale legato alla trasfissione dei polsi che, ledendo necessariamente il nervo mediano, provoca la caduta del primo dito sotto il palmo. Nessun ipotetico "pittore" medievale, ignorandolo, avrebbe rappresentato le mani senza pollici.

(11) Priva di pigmenti colorati o di alcun tratto di pennello, direzionalità di tocco e stile pittorico, l'immagine non è un dipinto. Essa è dovuta a un'imbrunitura dei filamenti non profonda, ma solo superficiale, pertanto non è visibile sull'altra faccia del lino. Ogni singolo filamento brunito possiede lo stesso identico grado di brunitura degli altri, per cui la tonalità di chiaro e scuro dipende soltanto da un diverso numero di filamenti bruniti per unità di superficie. L'impronta che ne consegue č dunque visibile per contrasto col tessuto, tuttavia il segno che ne risulta è assai tenue, non presenta saturazione in alcuna zona, e la sua massima densità ottica è identica sia sul davanti che sul retro. Quest'ultima caratteristica starebbe a indicare un meccanismo di formazione indipendente dalla pressione di un corpo, cosa dimostrata peraltro anche dal fatto che l'immagine posteriore non è deformata per appiattimento delle parti molli sotto l'effetto del peso, rispetto a quella anteriore che sopporta solo il peso del sudario.

L'ipotesi del calore è la più seguita per spiegare la brunitura delle fibre. Se non che un'immagine di tipo sindonico non è stata mai ottenuta sperimentalmente con il calore, la brunitura da calore lascia tracce di pigmento, non si arresta alla superficie delle fibre, le marca con diverso grado di saturazione e deforma in modo chiaramente visibile, oggi pių che mai, con i normali mezzi di ingrandimento o con i sistemi a fluorescenza. Nulla di tutto ciò si riscontra nella Sindone. Neanche l'ipotesi della luce regge, perché la Sindone non è una lastra fotosensibile e nel '300 non era stato ancora inventato l'obiettivo fotografico. Le macchie attribuite dalla pietà devozionale e dalla logica del "disegno" a colature di sangue sono effettivamente di sangue umano di gruppo AB. L'alone che ne circonda alcune delle più grandi, come quella al petto, contiene sieroalbumine umane, il che ne spiega la fluorescenza.

Le macchie, che sono l'unico materiale estraneo alla tela, posseggono spessore, per cui possono essere asportate; tuttavia non vi si osservano i distacchi parziali e le frammentazioni consuete che le croste mostrano sulle bende staccate da una ferita. A differenza dell'immagine, esse penetrano in profondità i filamenti, tanto da essere visibili anche dall'altra parte della tela; sono l'unica parte dell'immagine non in negativo, sotto di esse le fibre del tessuto sono bianche e non interessate dalla brunitura. In altre parole, al di sotto delle macchie di sangue non c'è immagine. Questi dati starebbero a dimostrare che l'immagine si sia formata dopo la deposizione del cadavere e sulle macchie di sangue, e non le abbia attraversate. Infine, in corrispondenza degli orifizi corporei mancano segni di putrefazione, che manifesta i suoi effetti all'esterno dopo circa 40 ore dalla morte. Per questo sappiamo che il corpo rimase nel lenzuolo per non più di due giorni. Ma se anche con i più grandi riguardi il cadavere fosse stato toccato per essere rimosso dal telo, o se più persone l'avessero concitatamente trafugato, le macchie di sangue non avrebbero presentato dei contorni così ben definiti, ma appunto evidenti segni di trascinamento, sbavature e distacchi di croste. Volendo guardare la conclusione logica, si deve davvero supporre che il cadavere non sia stato né toccato né mai rimosso: la Sindone sembra svuotata dall'interno, e attraversando il lenzuolo il corpo è come... svanito. Per altri elementi che escludono l'opera dell'uomo nell'immagine sindonica si vedano i punti 7) e 9).