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Studio Sindone

Il nuovo sito di studio sulla Sindone: un fatto di ragione, non di fede

MESSAGGIO CIFRATO PER L'UOMO DEL 2000?

di Antonio Bonelli

Il conflitto tra fede e scienza, e tra fede e ragione,
è una delle più stupefacenti turlupinature della storia dell'umanità.

Sommario


Come si è formata quell'immagine già tanto straordinaria?

Se la negatività, assieme ad altri numerosi e convergenti dati(11), esclude che essa sia opera di pittura, come si è allora formata? Per cercare di chiarirlo, non bastava più esaminarla su lastre fotografiche: bisognava analizzarla direttamente sul tessuto. Dopo iniziali approcci nel '69, la vera mobilitazione della scienza moderna si ebbe nel 1978 quando, con il beneplacito del "custode" del telo, l'arcivescovo di Torino, sbarcarono in quella città per uno studio non-stop di cinque giorni e cinque notti a contatto diretto con la Sindone ben trentasei ricercatori americani, alcuni italiani e uno svizzero, inquadrati nello STURP, acronimo dell'inglese Shroud (Sindone) of Turin Research Project, e suddivisi in ventisei gruppi di lavoro concordati e organizzati con largo anticipo. Al loro seguito giunsero, in settantadue containers, sei tonnellate di strumenti sofisticatissimi messi a disposizione dai programmi spaziali della NASA, dal Pentagono, dall'industria aeronautica e aerospaziale nonché da istituti privati e universitari americani. Forse non si era mai vista prima una tale concentrazione di menti e di mezzi intorno a un singolo oggetto. Non elenchiamo i nomi dei ricercatori, che del resto direbbero poco; ma quelli di alcune delle istituzioni coinvolte possono dare un'idea della serietà e affidabilità della ricerca:

Le discipline all'opera? Chimica e biochimica, fisica, anatomia e fisiologia, ematologia e immunologia, storia e scienza dei tessuti, per non citarne che alcune, con interventi che spaziano dall'analisi computerizzata dell'immagine alla spettroscopia, dallo studio radiografico e con fluorescenza a radiazioni di ogni genere e lunghezza d'onda, dalla microscopia diretta a quelle stereoscopica ed elettronica a scansione, e ad altre ancora (per maggiori dettagli vedi di K.E. Stevenson, G.R. Habermans Verdetto sulla Sindone, Queriniana, Brescia 1982).

Ciò che gli studi hanno rivelato è così stupefacente, che per trovargli qualcosa di paragonabile nel campo delle scoperte bisognerebbe ricorrere alla Stele di Rosetta, il famoso reperto archeologico (oggi custodito nel British Museum di Londra) che, riportato in vita dalle morte sabbie del Nilo dai soldati disoccupati di Napoleone, disvelò l'esoterico linguaggio dei geroglifici e il favoloso mondo dei Faraoni. Vi torneremo più avanti.

Qual è dunque la scoperta tanto stupefacente? E' il fatto che l'immagine possiede un'informazione tridimensionale in codice non rilevabile dall'occhio e dall'obiettivo fotografico. Informazione tridimensionale della Sindone significa che in ogni suo punto i chiari e gli scuri sono legati da un rapporto matematico preciso: stabilito che tutti i punti bianchi si trovino in superficie e tutti i neri alla massima profondità, le tonalità di grigio variano in rapporto alla loro profondità. Ogni punto si trova perciò a una profondità che è in rapporto alla tonalità del suo grigio. Tutti i punti di una uguale tonalità di grigio si trovano alla stessa profondità. Si è riusciti pure a scoprire che questo rapporto planare non è lineare, ma quadratico. Insomma: una costruzione regolata da un rigido sistema matematico e nessun falsificatore avrebbe potuto imprimere sul telo un'immagine di una tale coerenza matematica! Si noti che negatività fotografica e tridimensionalità sono due fenomeni solo apparentemente analoghi. Nella prima, infatti, il chiaro e lo scuro dipendono esclusivamente da una quantità, quella della luce, mentre nel secondo dipendono da una distanza. Peraltro, come per la scoperta della negatività fu necessaria una macchina fotografica, così per la tridimensionalità ci volle un computer e un programma assai complesso che, realizzato appositamente per la trasduzione in profondità della scala dei grigi, fosse capace di riprodurre in rilievo verticale l'intensità del colore.

Quando Jackson e Jumper, due scienziati dell'areonautica statunitense, pensarono di applicare questo studio sulle foto sindoniche - e si trattò di una vera e propria intuizione, se non si vuole usare il termine sospetto di ispirazione -, il computer trasformò sotto i loro occhi sbalorditi un'immagine piana in una in rilievo. Insomma: il "disegno" si era trasformato in una statua e, ciò che più conta, in una statua dall'anatomia armoniosa e ineccepibile, rappresentante un volto in modo quasi segnaletico e con l'inconfondibile espressione della morte. L'esperimento fu poi ripetuto con uguale risultato da altri ricercatori.

Ricostruzione tridimensionale del Volto con la traccia della moneta

Fig. 5: la ricostruzione tridimensionale del Volto
con evidenziata la traccia circolare della moneta
(Fonte: G. Bazoli)

Ricostruzione tridimensionale del corpo

Fig. 6: la ricostruzione tridimensionale del corpo

Volto depurato

Fig. 7: il Volto in rilievo depurato dai segni della Passione
(Fonte: Tamburelli 1984, da Baima Bollone L'impronta di Dio)

Ora, non si conosce un solo dipinto antico, moderno o contemporaneo che possegga l'informazione codificata tridimensionale; e, cosa ancor più sorprendente, nessuno a tutt'oggi sarebbe in grado di realizzarlo anche se lo volesse (cliccare qui per la notizia circa l'ultimissimo studio dell'Enea). Al di là di ogni dubbio ragionevole, e in concordanza con altri argomenti pure di grande valore (vedi nota 11), ma che ora, dopo questa scoperta, appaiono superflui quantunque sempre interessanti, la tridimensionalità è l'elemento conclusivo che esclude l'opera dell'uomo nella realizzazione dell'immagine sindonica.

Resta da parlare di un'altra incredibile scoperta: sulle palpebre superiori poggiano due monetine.(12) Un ricercatore dilettante italiano, stampando in vari singoli colori le foto del '69, aveva già segnalato alcuni anni prima del '78 la presenza in quella sede di due figure geometriche circolari-ellittiche in rilievo, che vennero poi riconosciute come monete da scienziati americani e italiani mediante stampa con vari filtri delle foto, e con l'elaborazione elettronica dell'immagine. Ora, sulla moneta di destra, lo statunitense Filas (membro dello STURP) riuscì persino a leggere, nelle foto del '31 enormemente ingrandite, quattro lettere, UCAI, accanto a un disegno che somiglia a un punto interrogativo al contrario, come fosse inverso.

La monetina

Fig. 8: la moneta destra - UCAI - e un lepton analogo
(Fonte: Baima Bollone Sindone o no)

Ciò consentì di identificare quella monetina per un λεπτóν o lepton, detto lituus in latino, perché riproducente sul retro il "lituus", ossia il bastone ricurvo degli àuguri o indivini simile a un pastorale. Si tratta di una piccola moneta di bronzo di scarsissimo valore - uno dei due conii eseguiti da Ponzio Pilato in Siria dal 29 al 32 - con la scritta Di Tiberio Imperatore in greco. La scoperta, comunicata nel '79 a Los Alamos alla Riunione dei Sindonologi Americani, fu accolta con malcelato scetticismo. Infatti, il lituus di Pilato noto ai numismatici, accanto a un bastone a forma di vincastro - per l'appunto il lituus - reca l'iscrizione TIBEPIOUKAI CAPOC, mentre Filas aveva letto UCAI. Si era davanti a una incongruenza evidente, sospetta di un ingenuo quanto maldestro tentativo di manipolazione strumentale dei reperti. Se non che, successive ricerche mirate tra le monete antiche in musei e presso collezioni private trovarono un paio di esemplari di quella stessa monetina proprio con quell'errore ortografico. La cosa non stupisce più di tanto gli esperti, dal momento che il greco non era affatto una lingua corrente in Siria a quell'epoca, e che perfino in testi e su monete bizantine più o meno coevi gli errori della scrittura greca erano piuttosto comuni. Inoltre, è probabile che in quella remota parte dell'Impero le zecche fossero di livello artigianale per monete di scarsissimo valore quali, per l'appunto, il lepton.

Ulteriori ricerche sulla moneta della Sindone consentirono a un medico americano, Alan Wanger (citato in Meacham), di identificarvi altre lettere sovrapponendo immagini fotografiche trattate con filtri polarizzatori. E un'indagine del Politecnico di Stato della Virginia mediante filtrazione elettronica delle immagini e aumento della luminosità ha ulteriormente decifrato la dicitura. Anche la moneta di sinistra venne identificata, sebbene con minore chiarezza, con l'altro lituus coniato da Ponzio Pilato nella provincia di Siria nel sedicesimo anno dell'impero di Tiberio (il 29 o 30 d.C.) con il nome di JOULIA, la madre di Tiberio.

E' arrivato il momento di dare risposta al primo quesito:

E' riuscita dunque la scienza a scoprire come si è formata quella immagine straordinaria?

Ecco cosa ci dice in proposito il documento conclusivo sulle indagini dello STURP, pubblicato a New London nell'ottobre del 1981 (Bonnet-Eymard, Stevenson, Habermas):

"Il problema basilare, da un punto di vista strettamente scientifico, è che alcune spiegazioni fornite dalla chimica sono contraddette da questioni fisiche. Al contrario, alcune spiegazioni fisiche sono completamente escluse dalla chimica. Per un'idonea interpretazione dell'immagine è necessario ottenere una spiegazione scientificamente concorde dai punti di vista chimico, fisico, biologico e medico. A tutt'oggi, questo tipo di soluzione non sembra ottenibile malgrado i più grandi sforzi del nostro gruppo. Inoltre sono falliti i tentativi di riprodurre identicamente su antichi tessuti di lino il fenomeno presente sulla Sindone di Torino."

Se non è una dichiarazione di resa della scienza, non sappiamo come altrimenti chiamarla. E più oltre nello stesso documento si legge:

"E' ragionevole ritenere che attraverso nuove conoscenze acquisibili con nuove indagini si potrà lavorare su qualche altra ipotesi che faticosamente si va facendo strada; ma con le attuali conoscenze ancora nulla si può dire sull'origine dell'immagine, che rimane pertanto un mistero."


Note

(11) Priva di pigmenti colorati o di alcun tratto di pennello, direzionalità di tocco e stile pittorico, l'immagine non è un dipinto. Essa è dovuta a un'imbrunitura dei filamenti non profonda, ma solo superficiale, pertanto non è visibile sull'altra faccia del lino. Ogni singolo filamento brunito possiede lo stesso identico grado di brunitura degli altri, per cui la tonalità di chiaro e scuro dipende soltanto da un diverso numero di filamenti bruniti per unità di superficie. L'impronta che ne consegue è dunque visibile per contrasto col tessuto, tuttavia il segno che ne risulta è assai tenue, non presenta saturazione in alcuna zona, e la sua massima densità ottica è identica sia sul davanti che sul retro. Quest'ultima caratteristica starebbe a indicare un meccanismo di formazione indipendente dalla pressione di un corpo, cosa dimostrata peraltro anche dal fatto che l'immagine posteriore non è deformata per appiattimento delle parti molli sotto l'effetto del peso, rispetto a quella anteriore che sopporta solo il peso del sudario.

L'ipotesi del calore è la più seguita per spiegare la brunitura delle fibre. Se non che un'immagine di tipo sindonico non è stata mai ottenuta sperimentalmente con il calore, la brunitura da calore lascia tracce di pigmento, non si arresta alla superficie delle fibre, le marca con diverso grado di saturazione e deforma in modo chiaramente visibile, oggi più che mai, con i normali mezzi di ingrandimento o con i sistemi a fluorescenza. Nulla di tutto ciò si riscontra nella Sindone. Neanche l'ipotesi della luce regge, perché la Sindone non è una lastra fotosensibile e nel '300 non era stato ancora inventato l'obiettivo fotografico. Le macchie attribuite dalla pietà devozionale e dalla logica del "disegno" a colature di sangue sono effettivamente di sangue umano di gruppo AB. L'alone che ne circonda alcune delle più grandi, come quella al petto, contiene sieroalbumine umane, il che ne spiega la fluorescenza.

Le macchie, che sono l'unico materiale estraneo alla tela, posseggono spessore, per cui possono essere asportate; tuttavia non vi si osservano i distacchi parziali e le frammentazioni consuete che le croste mostrano sulle bende staccate da una ferita. A differenza dell'immagine, esse penetrano in profondità i filamenti, tanto da essere visibili anche dall'altra parte della tela; sono l'unica parte dell'immagine non in negativo, sotto di esse le fibre del tessuto sono bianche e non interessate dalla brunitura. In altre parole, al di sotto delle macchie di sangue non c'è immagine. Questi dati starebbero a dimostrare che l'immagine si sia formata dopo la deposizione del cadavere e sulle macchie di sangue, e non le abbia attraversate. Infine, in corrispondenza degli orifizi corporei mancano segni di putrefazione, che manifesta i suoi effetti all'esterno dopo circa 40 ore dalla morte. Per questo sappiamo che il corpo rimase nel lenzuolo per non più di due giorni. Ma se anche con i più grandi riguardi il cadavere fosse stato toccato per essere rimosso dal telo, o se più persone l'avessero concitatamente trafugato, le macchie di sangue non avrebbero presentato dei contorni così ben definiti, ma appunto evidenti segni di sbavature e distacchi di croste. Volendo guardare la conclusione logica, si deve davvero supporre che il cadavere non sia stato né toccato né mai rimosso: la Sindone sembra svuotata dall'interno, e attraversandolo il lenzuolo il corpo è come... svanito. Per altri elementi che escludono l'opera dell'uomo nell'immagine sindonica si vedano i punti 7) e 9).

(12) L'uso saltuario di monete e di altri piccoli oggetti per tenere chiusi gli occhi dei morti è noto e documentato da alcuni reperti sepolcrali dell'antichità medio-orientale.